Un nuovo ordine socio politico

Varese 22/08/2014

Se diamo uno sguardo a quanto succede oggi nel mondo possiamo definirci sulla soglia del baratro, sembra che la terza guerra mondiale sia ormai iniziata, guerre etniche, guerre a scopo religioso (anche se queste sono solo un pretesto),  economie stati che cadono e come ciliegina sulla torta ci si trova ad affrontare un cambiamento climatico globale che sembra solo agli inizi. La cultura dell’intera umanità che ci si sbriciola addosso, tutto questo avviato dalla bramosità e voglia di distruzione che risiede nell’essere umano, ma allora mi chiedo spesso….

E’ possibile cambiare la cultura socio politica mondiale? Secondo il mio parere si, ma come tutti i cambiamenti impongono ci vogliono volontà e sacrificio, questa e` un’operazione fatta e rifatta anche in passato per trarre un esempio da quando si e passati da uno stato sovrano ad  uno stato governato da una repubblica.

Parte delle congetture esposte di seguito sono state prese dal blog il neurone proteso.

Una nuova società mondiale dove non esiste alcun sistema dominante e del tutto antiassolutistica, contraria a quei sistemi universali che tutto vogliono spiegare e che tutto pretendono di sapere e che hanno caratterizzato la cultura occidentale (e non solo occidentale, ma si potrebbe dire terrestre). Una nuova società dove le certezze assolute mancano, perché l’idea stessa di assoluto e di una qualsiasi civiltà basata su principi assoluti e monologici, è oggettivamente sorpassata dalla pluralità dei punti di riferimento culturali.

Una cultura basata su queste premesse vede nella differenza un valore da tutelare, non un problema da risolvere. Il rispetto per le altre culture è quindi qualcosa di più che una posizione diplomatica, è il presupposto stesso dell’esistenza (una citazione presa dalla serie Star Trek e che trovo congeniale e`, “Mi fa piacere vedere che vi sono differenze fra noi. Forse uniti saremo migliori della nostra somma”), ricordiamolo, che la nostra cultura e` formata da razze diverse, ognuna con la propria visione del mondo. La capacità di contenere in se gli opposti è forse la più grande utopia che ci si prefigge di ottenere in un nuovo ordine.

Schopenhauer definiva l’essere umano come l’essere ‘mancante’, sempre alla ricerca di una spiegazione ulteriore. L’istanza del cercare, dell’esplorare è una conseguenza diretta di una società pluralista: poiché niente è dato in modo univoco, ma tutto è parziale, temporaneo e aperto a possibili reinterpretazioni e punti di vista differenti, la ricerca diventa un aspetto essenziale dell’esistenza.

Questa ricerca però non mira a cercare un nuovo assoluto, ma a cercare ulteriori spiegazioni, ulteriori significati, ed è quindi, per ovvi motivi, una ricerca infinita, ed anche per questo proiettata verso il futuro.
Nella nostra attuale società il futuro è appannaggio dell’utopia, della catastrofe o della fantascienza. Pochi scienziati, e ancor meno politici sono in grado di guardare oltre il loro naso, se non per terrorizzare o per tranquillizzare. In una società completamente proiettata verso il futuro, devono entrare in gioco i diritti delle generazioni future, ai quali nella nostra società odierna, pochi pensano.

L’essere umano ha una dimensione storica e culturale: quello che differenzia l’essere umano dagli altri animali (o in questo caso cosa differenzia gli esseri senzienti dagli altri esseri) è proprio l’avere una cultura, un retaggio, una storia. Non quindi Storia come magistra vitae, ma Storia come una studio delle fasi dell’esistenza culturale di una civiltà, indispensabile per capirne gli sviluppi presenti e quelli futuri. Solo in questo senso la storia può avere anche qualcosa da insegnare. In questo caso, le esplorazioni compiute dal genere umano nel passato ci insegnano che, anche con le migliori intenzioni, l’incontro affrettato fra due culture, è degenerato quasi sempre in scontro. La comunicazione è un’arte difficile, non solo e non tanto per i problemi linguistici, ma soprattutto per motivi culturali. Il comunicare stesso è una forma culturale e i modi di comunicazione stessi variano fra le culture. Anche i contenuti che si vogliono comunicare possono non essere gli stessi.

La cultura pluralista, è forse fra le più adatte a comunicare con culture diverse, poiché sa adattarsi, al problema del ricevente; e questi in grado di capire i contenuti che voglio comunicare con lui? E` interessato a capirli? ma soprattutto: è giusto che li capisca? Quest’ultima domanda è forse la più importante perché è la meno banale. Non vi sono culture ‘superiori’ perché non vi sono culture ‘inferiori’. Ogni contatto di una cultura progredita scientificamente (ma anche eticamente), con un’altra cultura, è destinato a cambiarla irreparabilmente, anche se questo a volte appare desiderabile alla nostra morale, il danno alla cultura peculiare di una società è una danno al futuro stesso: questa cultura, forse, in futuro avrebbe potuto produrre e scoprire significati che non ci sono ancora chiari. Per non menzionare il fatto che le verità rivelate non sono mai altrettanto buone come le spiegazioni conquistate.

Quando allora comunicare con una cultura diversa? il nuovo ordine dovrà dare un preciso limite per l’applicazione di una Direttiva: qualsiasi società rispetti alcuni canoni socio culturali e viene contattata, le viene spiegato i principi fondamentali sulla quale la nuova società si basa, e viene invitata a partecipavi. Alcuni decideranno di farlo, altri no, ma vorranno mantenere contatti nei casi di emergenza (isolazionisti), altri invece non ne vorranno sapere di alcun tipo di contatto (xenofobi).

Il nuovo Ordine dovrà disporre di una sua prima ed irreversibile Direttiva, quello di preservare la vita qualunque essa fosse, in caso di conflitti, trovare una terza via, senza compromettere mai il fine ultimo, né i principi etici. Forzare un paradosso non solo è un modo accettabile per cavarsela, ma è un modo di fare del tutto auspicabile e encomiabile aver la capacità di non accettare l’inevitabile, rimettendo tutto sempre in discussione fino a trovare un’alternativa accettabile.

Il nuovo Ordine Sociale, dovrà essere un’alleanza politica composta da sistemi di governo planetario autonomi. In quanto organizzazione democratica rappresentativa, è governata da un Consiglio Mondiale, al quale ogni stato membro invia delegati. I due compiti principali del Nuovo Ordine Sociale sono la protezione dei propri cittadini e l’esplorazione. In questa nuova società il profitto e la ricchezza non sono più le forze conduttrici; ma dovremo lavorare per un’umanità migliore.

Ma come vive un cittadino del nuovo Ordine? una società che, in fondo, è basata sulla semplicità. L’armonia di una tale società viene ottenuta, non dalla sottomissione ad una legge, né dall’obbedienza ad una autorità, ma dal libero accordo concluso fra vari gruppi […] liberamente costituitisi […] per la soddisfazione dell’infinità varietà di bisogni e aspirazioni di un essere civile. Una società ispirata al filone del socialismo utopistico libertario. Tale filone – messo da parte nel ’900 da altre ‘utopie‘ – prevedeva un modello di vita più semplice, più ecologico, uno sviluppo più sostenibile e … più piacevole.
Noam Chomsky dice in proposito: “un sistema decentralizzato di tipo federativo, formato da libere associazioni che incorporano istituzioni socio-economiche costituirebbe quello che io chiamo anarco-sindacalismo. Secondo me questa è la forma più appropriata di organizzazione sociale per una società tecnologicamente avanzata, in cui ormai non c’è più alcun bisogno, né ragione, che gli esseri umani siano degradati al livello di strumenti o di ingranaggi di una macchina.” Viene lecito pensare che il nuovo Ordine sia formato da tante piccole comunità federate fra loro e che si autogovernano.

Una Società in grado di bypassare le ideologie razziali, religiose e capitaliste, ma in grado di lavorare per auto migliorarsi sarà in grado di produrre una tecnologia molto avanzata, grazie alla tecnologia avanzata, alla mancanza di denaro (la base del ‘capitalismo’) e alla mancanza della logica del profitto e del consumismo, gli abitanti di queste comuni sono così liberi dai noiosi lavori ripetitivi e, sfruttando al massimo le potenzialità positive dello sviluppo tecnologico, possono quindi impegnarsi in attività volte al miglioramento di se stessi e della società, come ad esempio attività di ricerca scientifiche, culturali, educative etc. Questa liberazione di energie creatrici a sua volta potenzia le capacità di sviluppo ulteriore dell’intera comunità, in un circolo virtuoso che non conosce crisi.

Una società di questo tipo può sembrare strana e desueta, ma in fondo è l’unica immaginabile se cerchiamo di immaginare un futuro veramente migliore: per chi ha a cuore la causa della libertà degli esseri umani, la diseguaglianza è il primo scoglio; quali modi potrebbe trovare una società futura, migliore della nostra, per porre fine a questo stato di cose? Non è forse la liberazione dal bisogno e dal lavoro il prossimo passo della liberazione dell’essere umano?

Pubblicato da appuntidiadam

Sistemista informatico, e grande appasionato di astronomia e fisica, ricercatore indipendente in cosmologia

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